mercoledì 24 dicembre 2014

Perché si vaccina ancora contro la difterite anche se da noi tale malattia non esiste più?

Ormai questa domanda non se la pongono più i genitori del bambino londinese che è morto per diftertite in età scolare nel 2008, tre giorni dopo il ricovero. Non era stato vaccinato. E' bastato che un membro della sua famiglia tornasse da un viaggio in Africa per portare con sè - senza saperlo - il batterio che ha poi ucciso il bambino. Almeno è questa l'ipotesi più plausibile, visto che il bambino non aveva fatto viaggi all'estero. Prima di questo caso, l'ultimo decesso causato dal batterio C. diphtheriae in Inghilterra riguardava un altro bambino, di 14 anni, non vaccinato, che era stato infettato durante un viaggio in Pakistan, nel 1994. (1) (2)

Negli Stati Uniti d'America dal 1980 al 1995, sono stati notificati 41 casi di difterite respiratoria di cui 4 (il 10%) erano fatali e riguardavano solo bambini non vaccinati. (3)

A Brisbane (Australia) nel 2011 una ventiduenne è morta per difterite. Non era vaccinata. È stata infettata dal suo ragazzo che è tornato dall'estero portando il batterio senza avere sintomi, perché era vaccinato. (4) (5)

In Italia l'ultimo caso di difterite notificato riguardava una bambina non vaccinata. E' morta per difterite nel 1991. (6)


Quindi questi pochi esempi dimostrano chi è più a rischio di morire per difterite: chi non è protetto dalla vaccinazione. Per fortuna i casi sono pochi grazie all'alta copertura vaccinale ma aumenterebbero sicuramente se si smettesse di vaccinare (come vorrebbero i movimenti antivaccinali) perché il batterio responsabile di questa malattia è ancora ampiamente diffuso nel mondo  come si vede da questa mappa:



Il batterio
La difterite è una grave malattia respiratoria molto contagiosa causata dai ceppi tossigeni del Corynebacterium diphtheriae. Il C.diphtheriae diventa tossigeno (cioè in grado di produrre una tossina) solo quando a sua volta è stato infettato da un virus batteriofago, portatore del gene tox. Questo gene viene inserito nel genoma del batterio che, appena si trova in un ambiente favorevole (o sfavorevole, dipende dai punti di vista) lo attiva e produce grandi quantità di una tossina molto potente. I batteri stessi rimangono nella sede di infezione (di solito nelle alte vie respiratorie) dove la tossina oltre a provocare necrosi dei tessuti circostanti viene assorbita e diffusa attraverso il sangue.

Tra i quattro biotipi C. diphtheriae gravis, C. diphtheriae intermedius, C. diphtheriae belfanti e C. diphtheriae mitis, il C. diphtheriae gravis causa un quadro clinico più pericoloso. Gli altri tre tipi causano di solito forme meno severe. Questo dipende dal fatto che il biotipo gravis produce una più alta quantità di tossine rispetto agli altri biotipi.

La tossina
La tossina, una volta entrata nelle cellule, inibisce (attraverso una reazione enzimatica) la sintesi proteica, provocando la morte cellulare. Le lesioni riguardano il cuore (collasso cardiocircolatorio, miocardite, necrosi miocardica), il sistema nervoso (paralisi post-difterica), i reni (nefrite), le ghiandole surrenali, il fegato,  etc.

Dal momento in cui la tossina entra in circolazione impiega circa 10 ore prima di causare danni irreversibili. Quindi una veloce diagnosi è vitale per un tempestivo trattamento il cui cardine è la sieroterapia: le antitossine bloccano le tossine in circolazione (una volta entrate nelle cellule, le tossine non possono più essere neutralizzate). Purtroppo, come per tutte le malattie rare, una diagnosi veloce non è facile. Se un bambino ha un mal di gola, naturalmente a nessun pediatra viene in mente come prima possibile causa la difterite. Inoltre, l'antitossina non è prontamente disponibile nei reparti ospedalieri ma viene richiesta, sprecando altre ore preziose.

Per esempio quando nel  novembre del 2008 in Francia è stato diagnosticato un caso di difterite sono passati 4 giorni prima di poter iniziare le cure con l'antitossina che in Francia non si produce più dal 2002. I medici hanno dovuto ordinarla in Brasile, dopo averla cercata senza successo in Europa. (7)

Anche con il trattamento medico più avanzato la mortalità dei casi gravi di difterite oscilla ancora oggi tra il 5 e il 10%. Quando ancora non c'erano trattamenti medici efficaci il 50% di questi pazienti moriva.

Le manifestazioni cliniche della difterite

La difterite respiratoria

Se i batteri si insediano nella laringe causano danni locali formando sulle mucose delle prime vie aeree una sorta di spessa membrana (chiamata pseudomembrana) tenacemente adesa alle mucose sottostanti tanto da sanguinare se si cerca di rimuoverla. Questa pseudomembrana è molto pericolosa perché può ostruire le vie respiratorie soffocando il paziente e portandolo a morte. Questa forma è spesso secondaria alla forma faringea. I pazienti possono essere salvati mediante intubazione orotracheale o mediante tracheotomia, metodiche invasive necessarie per permettere la respirazione.


La difterite nasale
Il batterio può anche colonizzare il naso. Questa forma di solito non è pericolosa. Inizialmente si presenta come un comune raffreddore, poi si forma una membrana tra le narici e il muco può diventare sanguinolento. Sembra che la tossina non venga assorbita in modo molto efficiente dalle mucose nasali. Questi pazienti possono diffondere il batterio e diventare così una fonte di infezione per gli altri.

La difterite cutanea
Il batterio può anche infettare la pelle, tipicamente su lesioni preesistenti, anche piccole, come quelle causate dalla punture di insetti, dando luogo a ulcere che guariscono lentamente. La difterite cutanea è rara nei paesi a clima temperato ma abbastanza comune in alcune regioni tropicali. La difterite cutanea non è generalmente pericolosa e se fosse esistita solo questa forma, a nessuno sarebbe venuto in mente di sviluppare un vaccino. Però la difterite cutanea può diventare un serbatoio silenzioso per il batterio ed è stato dimostrato che la trasmissione tra le persone è più efficiente rispetto a quella respiratoria. Basta pensare che il C. diphtheriae può sopravvivere fino a tre mesi nella polvere dei pavimenti. (8)
La difterite cutanea è endemica nei seguenti paesi: Brasile, Mediterraneo orientale, Haiti, India, Indonesia, Nigeria, Filippine etc.). (8) Il rischio di importazione di un ceppo tossigeno del C.diphtheriae cresce con l'aumento dei viaggi internazionali.

Il contagio

Il contagio avviene tramite contatto diretto con secrezioni naso-faringee o per via aerea attraverso le goccioline infette provenienti da soggetti ammalati o da portatori sani, con i colpi di tosse e gli starnuti. I batteri possono essere trasmessi per contatto anche da persone affette da difterite cutanea.

Storicamente la difterite era una malattia delle famiglie, delle scuole e degli istituti/dormitori dove bambini o altri soggetti suscettibili erano a stretto contatto. Era infatti lo stretto contatto il fattore principale di rischio di contagio, non la mancanza di igiene!

Nell'era prevaccinale i portatori asintomatici erano la fonte principale di contagio perché durante le epidemie il loro numero era molto alto ed era praticamente impossibile individuarli tutti.

Informazioni omesse dagli antivaccinisti

Nei libri di antivaccinisti non si trova traccia né dell'informazione che la trasmissione avviene anche per via aerea né che il fattore di rischio di contagio è la stretta convivenza con tanti suscettibili, soprattutto nelle scuole. Durante le epidemie solo smettendo di respirare si poteva evitare il contagio...

Quando gli antivaccinisti sottolineano che il motivo principale per cui nei paesi industrializzati la difterite è scomparsa è il miglioramento dell'igiene, e si va a controllare la letteratura scientifica da loro citata a sostegno di questa tesi, si scopre che si tratta di solito di piccoli focolai in cui la difterite cutanea ha avuto un ruolo molto importante. Ma non è corretto estrapolare le caratteristiche della difterite cutanea e applicarle - senza nemmeno avvertire il lettore - alla difterite respiratoria.

La forma pericolosa è la difterite respiratoria e il vaccino è diretto contro la tossina che è il responsabile dei gravi sintomi di questa malattia. 

Soffermiamoci ancora un po' alla difterite cutanea perché questa forma di infezione rappresenta un rischio reale e spesso sottovalutato di importazione e diffusione del batterio, anche in Europa.

Nel libro Vaccines ed. 2013 - Plotkin, Ohrenstein, Offit si legge:
"La difterite cutanea è un'infezione cutanea indolente che si verifica spesso nei siti di ustioni o altre ferite e può agire come una fonte di infezione delle vie respiratorie in altri. È più comune nei climi più caldi e in ambienti di povertà, sovraffollamento e scarsa igiene. L'assorbimento della tossina attraverso queste lesioni della pelle è sufficiente per produrre l'immunità nel paziente ma la difterite cutanea causa solo raramente complicazioni sistemiche. Nei climi più caldi, l'alta incidenza di difterite cutanea sembra aver giocato un ruolo importante nella protezione immunitaria nella popolazione in assenza di elevati tassi di difterite respiratoria."
Per esempio, nel mese di giugno di quest'anno su Eurosurveillance è apparso un articolo su un caso di difterite cutanea in un ventenne norvegese (regolarmente vaccinato da bambino secondo il calendario vaccinale e con l'ultimo richiamo fatto nel 2005). Aveva importato la malattia da un soggiorno in Mozambico (uno dei paesi dove la difterite è endemica, vedi la mappa in alto). (8) Ricordiamo che il vaccino è diretto contro la tossina prodotta dal batterio quindi non può prevenire la colonizzazione locale, come quella che avviene con la difterite cutanea.

Ho chiesto al Prof. Pier Luigi Lopalco MD (Capo sezione valutazione scientifica del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) e professore di igiene all'Università di Bari) di spiegare brevemente l'argomento ai lettori del mio blog:
"La difterite cutanea è causata da ceppi (tossinogeni e non) di C. diphtheriae che infettano una zona di cute (generalmente) danneggiata (ferita o precedenti dermatiti). Questa infezione non è prevenuta dalla vaccinazione. Se il ceppo che ha infettato la cute dovesse produrre tossina, allora la tossina, in un soggetto vaccinato, sarebbe bloccata e non produrrebbe alcun danno sistemico. Infatti nei soggetti vaccinati i casi di difterite cutanea non danno quasi mai segni sistemici. Al contrario, la colonizzazione cutanea da parte di C. tossinogeni può rappresentare una fonte di infezione per gli altri. Quindi ancora di più il caso riportato in Eurosurveillance ci fa ricordare quanto sia importante essere vaccinati contro la difterite: infatti se in Norvegia non fossero esistiti livelli vaccinali così alti, probabilmente ci sarebbero potuti essere anche casi di difterite respiratoria nei contatti del caso cutaneo.
Spero di essere stato chiaro, perché capisco che l’argomento non è semplice. In breve: la vaccinazione antidifterite serve a proteggere l’individuo dalle forme respiratorie e dai danni provocati dalla tossina. In un soggetto vaccinato l’infezione cutanea non è prevenuta (quello non è un obiettivo della vaccinazione), ma sono comunque prevenuti i danni legati all'effetto della tossina che eventualmente viene assorbita attraverso il sangue. Inoltre, poiché i casi cutanei di difterite da importazione non possiamo prevenirli (a meno di impedire alla gente di viaggiare o lavorare in paesi endemici) è importante mantenere livelli di vaccinazione nella popolazione alti per evitare il diffondersi della circolazione dei ceppi importati." 
Ecco, questa importantissima informazione manca purtroppo negli articoli e libri degli antivaccinisti. Fanno invece confondere il lettore, riferendosi alle caratteristiche della difterite cutanea che nei paesi industrializzati si limita a essere diffusa tra persone che vivono a stretto contatto e che hanno un bassissimo livello di igiene. Non spiegano però che da lì potrebbe diffondersi la ben più pericolosa difterite respiratoria, se il batterio dovesse trovare le condizioni adatte, cioè una popolazione con bassa copertura vaccinale. Anzi, usano il fatto che il vaccino è diretto solo contro la tossina e non contro il batterio stesso come ulteriore "prova" che è solo grazie all'igiene che il batterio non si diffonde.

In realtà, invece, grazie alla vaccinazione i batteri che dovessero colonizzare le prime vie respiratorie di un vaccinato, non provocherebbero danni locali (la pseudomembrana descritta sopra). Pertanto nei vaccinati i batteri hanno meno probabilità di essere sparsi in giro: infatti sono proprio i danni locali ad innescare una reazione (per esempio la tosse o gli starnuti) che favorisce la diffusione dei batteri. In un non vaccinato i batteri che raggiungono le prime vie respiratorie potrebbero provocare danni locali alla faringe e/o laringe e quindi attraverso tosse e starnuti potrebbero diffondersi nell'ambiente e infettare altri suscettibili.

Nell'era prevaccinale le epidemie spesso partivano dalle scuole, perché era lì che si trovavano tanti suscettibili a stretto contatto fra loro per molto ore.

La vaccinazione ha interrotto questo circolo vizioso perché quando i batteri tossigeni (cioè quelli in grado di provocare importanti danni locali) infettano un vaccinato, non hanno alcun vantaggio rispetto ai batteri non tossigeni, anzi hanno uno svantaggio perché la produzione della tossina richiede molta energia da parte del batterio e dato che le tossine vengono immediatamente neutralizzate dagli anticorpi prima di riuscire a provocare danni locali, questo dispendio di energia è svantaggioso per la sopravvivenza di questi ceppi pericolosi che quindi spariscono in quelle popolazioni in cui la copertura vaccinale è alta. Per esempio questo grafico si riferisce all'Inghilterra e al Galles: si vede come la vaccinazione ha ridotto drasticamente i casi di difterite in pochissimo tempo.






Nei paesi dell'Ex Unione Sovietica invece è successo l'esatto contrario negli anni 90, come si può vedere per esempio da questo grafico che riguarda l'Ucraina:





Questa epidemia ha causato tra il 1990 e il 1999 più di 150.000 casi di difterite e 5.000 morti.

Si stima che le misure, cominciate nel 1993, per controllare l'epidemia abbiano contribuito a prevenire più di 500.000 casi e ulteriori 15.000 morti.

Le cause che hanno portato a questa epidemia sono molteplici. Ancora negli anni 70 la copertura vaccinale con DTP era circa il 90%, nell'Unione Sovietica. A partire dal 1980 ci sono stati vari cambiamenti nel protocollo vaccinale. Per esempio i bambini potevano essere vaccinati con un vaccino a basso dosaggio. Questa formula ha circa un terzo della quantità di tossoide (cioè la tossina resa innocua) rispetto a quello nei vaccini standard. Inoltre, invece delle 4 dosi la raccomandazione è stata cambiata in 3 dosi. Questi cambiamenti erano in parte dovuti ad una esagerata preoccupazione riguardo alle reazioni avverse, amplificata dai movimenti antivaccinali. Inoltre diversi medici hanno cominciato a essere preoccupati per le reazioni avverse del DTP e per molti dei loro pazienti hanno consigliato di non vaccinare, anche perchè la lista delle controindicazioni è stata allungata: infatti sono state inserite molte false controindicazioni. C'è una situazione simile anche se in misura minore (per fortuna) in Italia e in altri paesi. In assenza delle malattie dalle quali il vaccino protegge, alcuni genitori e anche qualche medico pensano che ormai non siano più una minaccia e rivolgono l'attenzione alle reazioni avverse delle vaccinazioni, mettendo tutto in un gran calderone e aggiungendo tante cose che non c'entrano nulla. I movimenti antivaccinali danno il proprio contributo per abbassare la protezione immunologica nella popolazione.

Nell'Ex Unione Sovietica al numero crescente di bambini non vaccinati o parzialmente vaccinati, si aggiungeva la popolazione degli adulti di cui una parte era nata in un periodo in cui la vaccinazione non era ancora diffusa in modo universale nell'Unione Sovietica (quelli nati negli anni 40 e 50) e quelli vaccinati in cui la protezione stava diminuendo perchè non ricevevano i richiami. Anche le difficoltà economiche dopo il dissolvimento dell'Unione Sovietica hanno contribuito all'aggravarsi della situazione dal punto di vista della prevenzione e delle cure mediche e delle misure di contenimento delle epidemie.

In questo modo con il tempo si è preparato il terreno adatto per far scoppiare la grande epidemia degli anni novanta. Bastava che il C. diphtheriae tossigeno venisse introdotto, probabilmente in parte anche dalle truppe che sono stata richiamate dall'Afganistan (dove la difterite è endemica). Molti di loro, senza saperlo, avranno importato il batterio, anche come portatori asintomatici e/o in forma di difterite cutanea. Fino al 1990 i militari russi non venivano vaccinati di routine contro la difterite.(10)

In uno studio caso-controllo che si è svolto in Ucraina negli anni 1990 è risultato che 3 dosi di vaccino offrivano una protezione del 98,2%. Chi era stato vaccinato con 4 dosi aveva una protezione del 99,7% e con 5 e più dosi del 99,9%. (11)

Ecco perché è così importante non abbassare mai la guardia e mantenere sempre alta la copertura vaccinale, in primo luogo dei bambini e poi è anche molto importante che gli adulti fanno ogni 10 anni un richiamo, insieme all'antitetanica e antipertossica.

Bibliografia:

La maggior parte delle informazioni del mio articolo provengono da questo libro:

Diphtheria (Deadly Diseases and Epidemics)
di Patrick Guilfoile
Chelsea House Pub - ed. 2009

1)
Death in a child infected with toxigenic Corynebacterium diphtheriae in London
Health Protection Report Vol 2 No.19 – 9 May 2008
Health Protection Agency

2) 
Public Health England

3) Toxigenic Corynebacterium diphtheriae -- Northern Plains Indian Community, August-October 1996
Morbidity and Mortality Weekly Report
Centers for Disease Control and Prevention
June 06, 1997 / 46(22);506-510

4)
The Australian Immunization Handbook
4.2. Diphtheria

5)
Travel brings fatal return of diphtheria
Couriermail del 3 maggio 2011

6)
Ministero della Salute
Difterite

7)
Access to diphtheria antitoxin for therapy and diagnostics
Both L et al.
Eurosurveillance 2014 Jun 19;19(24).

8)
Imported toxigenic cutaneous diphtheria in a young male returning from Mozambique to Norway, March 2014
Eurosurveillance - 19 giugno 2014

9)
Imported Cutaneous Diphtheria, United Kingdom
Emerging Infectious Diseases 2004;10(3):511-513
De Benoist A-C, White JM, Efstratiou A, et al.

10)
Diphtheria in the former Soviet Union: reemergence of a pandemic disease.
Emerging Infectious Diseases 1998;4(4):539-550.
Vitek CR, Wharton M

11)
J Infect Dis. 2000 Feb;181 Suppl 1:S178-83.
Ukraine, 1992: first assessment of diphtheria vaccine effectiveness during the recent resurgence of diphtheria in the Former Soviet Union.
Chen RT at al.

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