lunedì 24 giugno 2013

La favola dei bambini "naturalmente" protetti dal tetano - 2° parte

Nella prima parte di questo articolo ho spiegato il motivo principale per cui un tasso di anticorpi contro il tetano sotto 0,1 UI/ml (misurato con l'ELISA classico) non dovrebbe essere interpretato come protettivo, come purtroppo molti genitori contrari alle vaccinazioni fanno, perché l'hanno letto in qualche libro o sito che critica le vaccinazioni o sentito a una delle conferenze tenute da (sempre gli stessi) medici antivaccinisti.

Quando un qualsiasi medico di qualunque paese del mondo, prende in mano le analisi per il dosaggio degli anticorpi contro il tetano, fatte da un normale laboratorio con il test ELISA classico, e legge per esempio 0,02 UI/ml sa che molto probabilmente il paziente non è protetto dal tetano e consiglia vivamente di cominciare subito il ciclo primario che prevede 3 dosi più i successivi richiami per completare il ciclo vaccinale, seguendo le raccomandazioni internazionali. Questo è il procedimento corretto nel pieno rispetto delle leges artis. Ogni altra interpretazione sarebbe un grave errore medico che potrebbe mettere a rischio la salute o addirittura la vita del paziente. Con il tetano non si scherza davvero! Se poi il risultato si riferisce a un bambino mai vaccinato, non rimangono dubbi sul fatto che non è protetto.

Nella seconda parte di questo post conosceremo un altro motivo per la scelta di 0,1 UI/ml (nel test ELISA classico) come soglia che rappresenta il limite di separazione tra «positività» e «negatività» del test": i falsi positivi e i falsi negativi.


"Infatti, nessun metodo è infallibile, la certezza assoluta a questo mondo è creduta e pretesa solo dagli ingenui." (cit. da "Le false certezze" di Rosario Brancato e Maurizio Pandolfi, Oscar Mondadori).

Ho chiesto a un esperto in materia, il Prof. Giancarlo Icardi dell'Università di Genova, di aiutarmi con questo tema complesso, e molto gentilmente ci ha fornito delle spiegazioni semplificate, in un linguaggio comprensibile anche per i non addetti al lavoro.

Prima di tutto, ci spiega, è importante comprendere che un test è solo un test, e non un fatto. Questo mi ricorda il famoso quadro di René Magritte "Questa non è una pipa"



Diamo ora la parola al Prof. Giancarlo Icardi:
"I test non sono dei fatti. Per esempio, un test per il cancro è una cosa diversa dal fatto di avere un cancro. I test sono imperfetti. Rivelano cose che non esistono (falsi positivi) e mancano cose che esistono (falsi negativi). I test danno una probabilità da test... non una probabilità reale. Le persone spesso considerano direttamente i risultati del test, senza considerare gli errori nei test. 
I falsi positivi distorcono i risultati. Supponiamo che stiate cercando qualcosa di realmente raro (1 su un milione). Anche con un buon test è probabile che un risultato positivo sia realmente un falso positivo per qualcuno su 999.999 elementi esaminati che di fatto sono negativi. 
Anche la scienza è un test. A livello metodologico, un esperimento scientifico può essere considerato "un test potenzialmente imperfetto" e necessita di essere trattato di conseguenza. C'è un test per un processo chimico o un dato fenomeno, e c'è il fenomeno stesso. I nostri test e apparecchiature di misura hanno un certo tasso intrinseco di errore."
Un esempio di questo l'abbiamo già visto nella prima parte di questo articolo, dove i grafici dimostravano che nei valori molto bassi l'ELISA classico rivela cose che in realtà non esistono.

Ora guardiamo un po' più da vicino le caratteristiche del test ELISA classico perché questo ci fa comprendere ancora meglio perché è stato scelto come valore critico per il test degli anticorpi contro il tetano proprio 0,1 UI/ml. Inoltre ci farà capire quanto sia pericoloso spostare questa linea di separazione tra "protetti" e "non protetti" a 0,01 UI/ml come fanno Serravalle e Gava.

Il Prof. Icardi continua con le sue spiegazioni:
"Nel grafico 1 sono riportate delle curve teoriche ottenute supponendo di saggiare con un test ELISA quantitativo, sieri di sangue prelevato da un campione di pazienti sicuramente protetti e da un campione di pazienti sicuramente non protetti.


Sull'asse delle ascisse (orizzontale) è stata riportata la densità ottica (D.O.) restituita dal test. Occorre tener presente che il valore di D.O. è proporzionale alla quantità di anticorpi presenti nel siero: più anticorpi ci sono nel siero e maggiore è la D.O. Ovviamente, più la D.O. è elevata , maggiore è la probabilità che il soggetto sia protetto. 
Sull'asse delle ordinate (verticale) è riportata la frequenza di osservazioni, cioè il numero di soggetti che hanno evidenziato il titolo corrispondente in ascisse. Si noti che i soggetti non protetti hanno fatto registrare valori di D.O. mediamente più bassi rispetto ai soggetti protetti: la curva verde è infatti più a sinistra rispetto alla rossa. Si noti anche che le due curve si sovrappongono parzialmente: infatti, poiché spesso ciò che si misura è una variabile biologica, il limite tra soggetti sani e malati o protetti/non protetti non è ben definito. 
Se i soggetti protetti facessero registrare valori sempre superiori rispetto ai non protetti il test sarebbe perfetto ed infallibile, e non ci sarebbero problemi di interpretazione."  
Proprio il fatto che il test non è perfetto e infallibile richiede l'esperienza degli addetti al lavoro che conoscono bene i limiti di questo test per poterlo usare in modo da ridurre i rischi per la popolazione al minimo e aumentare i benefici al massimo.

Il Prof. Icardi ci spiega quali sono i criteri usati per decidere il valore soglia (= cut-off), usando sempre l'esempio teorico del grafico 1:
"Il problema è quindi quello di stabilire un limite di separazione fra protetti e non protetti, ossia di stabilire il valore di densità ottica al di sopra del quale il soggetto viene ritenuto protetto e al di sotto del quale viene ritenuto non protetto. 
Supponiamo di adottare come cut-off il valore di 1.0 (grafico 2). Ciò significa che si considererà come «non protetto» ogni soggetto con densità ottica. ≤1.0, e «protetto» ogni soggetto con densità ottica. >1.0. Con un cut-off=1, i soggetti sono divisi in due classi: test-positivi e test-negativi. Si noti come fra quelli classificati come test-negativi sono compresi soggetti negativi veri, cioè realmente non protetti (area verde) e soggetti negativi falsi, cioè in realtà protetti (area tratteggiata viola). Analogamente, fra i test-positivi sono compresi soggetti positivi veri (area rosa) e soggetti positivi falsi (area tratteggiata gialla).




Se adottassimo un cut-off diverso osserveremmo l’aumento o la diminuzione delle classi individuate, e di conseguenza l’aumento o la diminuzione della sensibilità e della specificità del test. Aumentando il cut-off, il numero complessivo di test-positivi diminuisce, ed aumenta quello di test negativi: di conseguenza, la sensibilità diminuisce, e la specificità aumenta. Diminuendo il cut-off, il numero complessivo di test-positivi aumenta, e diminuisce quello di test negativi: di conseguenza, la sensibilità aumenta, e la specificità diminuisce. 
Nel primo caso (aumento del cut-off e conseguente aumento della specificità) il test riesce ad individuare un numero maggiore di soggetti non protetti, con lo svantaggio di un aumento dei falsi negativi.
Nel secondo caso (diminuzione del cut-off e conseguente aumento della sensibilità) il test riesce ad individuare un numero maggiore di soggetti protetti, con lo svantaggio di un aumento dei falsi positivi.
La scelta di privilegiare la sensibilità o la specificità di un test dipende dalle conseguenze sanitarie ed economiche dei falsi negativi e dei falsi positivi: un test molto sensibile dovrebbe essere scelto quando le conseguenze di una mancata diagnosi sono particolarmente gravi, mentre i test altamente specifici sono assai utili quando un risultato falso positivo risulta particolarmente dannoso.

È quest’ultimo il caso della scelta del cut-off in base al quale considerare un soggetto protetto o meno nei confronti del tetano: considerare come protettivo un tasso plasmatico di anticorpi contro il tetano, misurato con test ELISA classico, superiore a 0,1 UI/ml, permette di ridurre al minimo i risultati falsamente positivi (area (b) del grafico 2), ovvero permette di minimizzare il rischio che un soggetto non protetto risulti invece protetto al test. Scegliere un cut-off più alto significa individuare tutti i soggetti che necessitano del vaccino per ottenere un’adeguata protezione nei confronti del tetano.
 
La scelta di un cut-off inferiore aumenterebbe la proporzione di soggetti falsamente positivi al test (area (b) del grafico 2) ed esporrebbe quindi al rischio di contrarre un’infezione potenzialmente mortale tutti quei soggetti risultati falsamente protetti ma in realtà suscettibili all'infezione da Clostridium tetani."
Proprio quest'ultima frase spiega perché il cut-off di 0,01 UI/ml proposto da Serravalle e Gava per il test ELISA classico (vedi le mie spiegazioni della prima parte di questo post) è pericoloso: Aumenta il rischio che persone non protette dal tetano credano di essere protette e non offre nessun vantaggio reale.

Finora abbiamo conosciuto le caratteristiche intrinseche del test ELISA classico e ci siamo resi conto che il cut-off indicato dagli esperti a livello mondiale è più che giustificato. Ma per una valutazione seria e professionale dei risultati di un test medico sono altrettanto importanti alcune informazioni indipendenti dal test.

E qui entra in campo la probabilità condizionale che, "se capita ed applicata, risparmierebbe cantonate a categorie professionali come medici e magistrati." (cit. da "Le false certezze" di Rosario Brancato e Maurizio Pandolfi, Oscar Mondadori).

Il Prof. Giancarlo Icardi ce lo spiegherà nella terza parte di questo articolo.


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